fbpx
play_arrow

keyboard_arrow_right

skip_previous play_arrow skip_next
00:00 00:00
playlist_play chevron_left
volume_up
chevron_left
  • play_arrow

    RADIO DELTA 1 Feel The Music

Abruzzo

A ORTONA SBARCATE LE 161 PERSONE SOCCORSE DALLA LIFE SUPPORT DI EMERGENCY

today28 Marzo 2023

Sfondo
share close

A ORTONA SBARCATE LE 161 PERSONE SOCCORSE DALLA LIFE SUPPORT DI EMERGENCY

RACCONTANO I SUPERSTITI: LA TUNISIA STA DIVENTANDO UNA NUOVA LIBIA

EMANUELE NANNINI, CAPO MISSIONE DELLA NAVE:
“CONTIAMO DI RIPARTIRE IL PRIMA POSSIBILE PER CONTINUARE A SOCCORRERE NAUFRAGHI IN MARE”

Ortona, 28.03.23 – Nel porto di Ortona, alle ore 17.05 di oggi EMERGENCY ha concluso lo sbarco dei 161 naufraghi soccorsi tra la notte e la mattina del 25 marzo dalla nave Life Support in tre diverse operazioni di salvataggio. Tutte le operazioni in mare sono state effettuate in accordo con la Guardia Costiera Italiana.

“Rispetto a quanto sarebbe servito per raggiungere porti più vicini, arrivare ad Ortona ha implicato 2 giorni ulteriori di navigazione rispetto ad un porto siciliano. Questo vuol dire che la Life Support sarebbe potuta essere già in viaggio verso acque internazionali per salvare altre vite umane – commenta Emanuele Nannini, capo della missione Life Support–Per raggiungere il porto abbiamo affrontato condizioni meteo marittime avverse e particolarmente impegnative: nella scorsa notte le onde erano di quattro metri e le condizioni sono state difficili sia per l’equipaggio che per i naufraghi a bordo che hanno sofferto molto, mentre la legge internazionale prevede che sarebbero dovuti essere portati in un luogo sicuro il prima possibile.”

Le 161 persone provengono da Burkina Faso, Camerun, Ciad, Congo, Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, Guinea Conakry, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Somalia, Sud Sudan, Sudan. Oltre un terzo dei superstiti sono minori (61), di cui 7 accompagnati e 54 non accompagnati. A bordo sono presenti anche 26 donne, di cui tre incinte.

“Vogliamo tornare quanto prima nel Mediterraneo, mettendoci a disposizione delle autorità competenti presenti in mare. Durante quest’ultima missione, abbiamo ricevuto moltissime segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà nel Mediterraneo e soprattutto sulla rotta tunisina – continua Emanuele Nannini –. Di fatto, siamo stati testimoni degli effetti delle recenti politiche tunisine verso gli stranieri presenti sul proprio territorio e della grave crisi economica che sta affliggendo il Paese. A bordo, i superstiti ci hanno raccontato come la Tunisia rischia di diventare la nuova Libia: arresti arbitrari e violenze da parte della polizia, rapine armate senza che nessuno intervenga, case incendiate perché abitate da stranieri”.

I naufraghi che EMERGENCY ha soccorso erano partiti da Zwara, in Libia, nel primo caso, e da Sfax, in Tunisia, nel secondo e nel terzo. In questi due ultimi casi, le persone hanno passato più di tre giorni in mare navigando alla deriva.

“Ho 45 anni e soffro di ipertensione – riporta una donna delle Costa d’Avorio, tra i superstiti –. Ho passato tre giorni in mare, senza bere, né mangiare, senza avere la possibilità di usare un bagno, sotto il sole cocente e nel freddo notturno. Quando ci avete soccorsi, avevo ovunque sul corpo la benzina che si era rovesciata dalle taniche. Non riuscivo a camminare, a reggermi in piedi. Mi hanno dovuta portare di peso”.

“Appena ho visto peggiorare la situazione in Tunisia ho deciso di far partire subito mia moglie con la nostra bimba. Non vedo l’ora di ristringerle tra le mie braccia – riporta un uomo della Costa d’Avorio –. Io sono rimasto in mare tre giorni. Abbiamo incontrato tanti pescherecci, ma i pescatori ci dicevano che non potevano farci imbarcare sulle loro navi perché rischiavano denunce penali. Avrebbero chiamato i soccorsi. Quando abbiamo visto la vostra nave abbiamo capito che non ci avreste lasciato morire”.

I naufraghi che hanno vissuto o transitato in Libia riportano di episodi di violenza:

“Io e la mia nipotina di 4 anni, che accudivo all’epoca, siamo rimaste in prigione in Libia per un anno. Mi hanno picchiata in qualsiasi parte del corpo. Ho ancora le cicatrici. Ogni sera sceglievano una donna da violentare. Per fortuna a me non è mai toccato. Mentre ci picchiavano, fumavano come se fosse un gioco”.

 

Foto di Marco Zaccagnini

 

Scritto da: Marco Zaccagnini

Rate it

Commenti post (0)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con *

0%